Alla Fenice artistiche marionette per una Favorita in chiave ludica

di Mario Messinis

VENEZIA — Gli spettacoli di marionette, allestiti dal Gran Teatrino La Fede delle Femmine, non cessano di sorprenderci. Al foyer della Fenice, per le feste carnevalesche, si allestisce «Una favorita, per favore! ovvero la carriera di un libertone», elegante contrappunto comico — o eroicomico, come recita la locandina — alla «Favorita» che si rappresenta nella sala grande. Con pungente acutezza le autrici (Margot Galante Garrone, Roberta Palmieri, Paola Pilla) costruiscono uno spettacolo molto divertente, denso di sottolineature ironiche e talvolta farsesche, con una benevola presa in giro del celebre tenore, un «libertone», appunto, che, in gonnella da ufficiale scozzese (forse un'allusione alla "Lucia"), assiste alla rievocazione di alcune celebri Favorlte della storia — da Eva a Marta Marzotto — intervenendo nell’azione e intonando spesso «spirto gentil».
Questo teatrino «per adulti» è costruito attraverso un sofisticatissimo montaggio musicale e drammatico, in cui la Cultura è la protagonista assoluta. È un'idea teatrale molto varia e cangiante: la regola è quella di evitare le consonanze troppo ovvie, e semmai di puntare sugli occostamenti più estrosi e imprevedibili tra immagine e suono: per esempio, alla scena di Turandot non corrispondono musiche di Puccini ma di Philip Glass. Di conseguenza l'assunto farsesco, con la citazione di casi emblematici — Adamo ed Eva, Pascoli e la carvallina storna, Marat e Carlotta Corday, Antonio e Cleopatra, Proust e il suo autista, ecc. — dà vita ad un insieme bizzarro e fantasmagorico, con una colonna sonora in cui si alternano Weill, il «Tristano», il «Lago dei cigni», il «Tell», il «Fidelio», l'operetta, la musica di consumo e molte altre cose. Nello spettacolo miniaturizzato l'evidente occasione erotica diviene esasperazione parodistica e stimola la creatività delle immagini e delle situazioni.
È un gioco scatenato, che sfrutta la polivalenza dei segni, con una accorta commistione anche di quadri visivi e che forse ha, all'origine, da fantasia barocca, e al limite perversa, il «Re Orso» di Boito.