VENEZIA — Hänsel e Gretel, i candidi fanciulli protagonisti della fiaba dei fratelli Grimm, vagano nel bosco di notte; più le tenebre sono fitte, più essi hanno timore. Tra gli alberi s'intravvedono ombre inquietanti; il cucù fa sentire il suo verso mentre si lancia sui nidi degli uccelli in cerca di uova da divorare. Una nebbia grigia, intanto, avvolge quel paesaggio di paura e non fa sperare in nulla di buono. In tal modo prende avvio «Ach! Schwesterlein! Sorellina e fratellino senza strega ma con la volpe e con il gallo il caprone e il gattino», lo spettacolo di marionette musical-pantomimiche che il Gran Teatrino La Fede delle Femmine presenta in questi giorni, fino a sabato prossimo, nel foyer del Teatro La Fenice nel ambito degli «Incontri con Musica», in collaborazione con gli Amici della Fenice.
Anno dopo anno dal 1987 le tre brave animatrici del teatrino offrono una delle loro raffinate creazioni, affidandosi alle piccole figure a filo costruite nel loro laboratorio della Giudecca. l temi preferiti dalla compagnia appartengono al miti poetico-letterari moderni (le opere di Casanova, Hawthorne e Hölderlin) ed alla musica contemporanea (Stravinsky, Kagel, Mahler): ma l’estro parodistico li trasforma, li manipola e li dissacra. Le piccole marionette, che si muovono in un quadro ristretto, ma in uno spazio illuminato, sembrano uscire dagli interstizi della grande arte, sempre pronte a svelare la vera «grana» dell'immaginazione e dell’utopia. Si scopre allora che Il rovescio dell’impossibile chiama in causa e ansie legate all'eros e che la derisione diventa un gioco di azzerramento del soprannaturale.
Mentre sul palcoscenico della Fenice «Hänsel e Gretel di Humperdinch ripercorre i sentieri della fiaba con tanto di strega e con la casetta di marzapane, le marionette indugiano nei territori del sogno. l due piccoli fratellini sperduti nel bosco vedono un folletto fosforescente, che sbuca dal tronco cavo di un albero; costui è Sabbiolino, che inonda i bambini di una dorata magica polverina, buona per vincere la paura e per addormentarsi. Avviene cosi che i protagonisti di una favola tedesca «perbene» rivelino agli spettatori la natura dei loro sogni, in cui s’intrufola Igor Stravinsky per inscenare sopra un minuscolo palcoscenico da strada una fiaba russa, priva di poesia e di pudore. Anzi è piuttosto colma di sconcezze; è la storia della volpe come l’ha scritta Afanaseev: vi agiscono il Gallo borioso e la Volpe travestita da suora, venuta per mangiarlo; in aiuto del variopinto re del pollaio accorrono prima il Gatto e poi il Caprone. Ripetutamente, ricorrendo ad altri strattagemmi, l’astuta Volpe tenta di raggiungere il suo scopo, ma alla fine viene annientata, mentre i tre campioni della mascolinità si tuffano in una danza sfrenata. Ad interrompere la vergognosa rappresentazione sopravvengono, all‘improvviso, i Grimm, che redarguiscono i «monellacci maledetti»: i due autori, impersonati dalle stesse marionettiste vestite in nero con una maschera neutra sul viso, violando il magico riquadro scenico come un doppio mangiafuoco cancellano minacciosamente le immagini dello scandalo e rimettono in moto la vicenda da dove la demoniaca attività onirica l'aveva interrotta. Sullo sfondo del cielo stellato e sulla scia luminosa di una cometa Hänsel e Gretel salgono in cielo a raggiungere gli angeli, mentre dietro s'affanna a seguirli un minuscolo ometto del bosco. Pubblico convinto, calorosi applausi.