«Lanternina cieca» in omaggio a Zanzotto

di Valeria Ottolenghi

Un piccolo spettacolo per dimensioni (una particolare baracca di burattini) e per i tempi (meno di mezz’ora, frammento di uno spettacolo indimenticabile, Wood as wood as wood), ma un vero gioiello, puro, di commovente, limpida poesia: è stato il Teatro Due - che aveva prodotto come Festival Internazionale l’opera originaria, un emozionante dialogo visivo, e musicale, tra la poesia italiana contemporanea e Shakespeare - ad ospitare, per Parma Poesia, Lanternina cieca. Omaggio ad Andrea Zanzotto, musiche di Purcell e Rameau, creazione di una compagnia stimatissima, il Gran Teatrino La Fede delle Femmine, ogni spettacolo una vera meraviglia, autrici e animatrici Margherita Beato, Margot Galante Garrone e Paola Pilla.
Suono di campane. Un cielo stellato. Un filare di alberi. E la voce, estremamente musicale, dello stesso Zanzotto che scandisce dolcemente i suoi versi, per lo spettacolo il titolo della poesia, tratta da Pasque.
Fresche sonorità, sillabe che si rincorrono, ritmi quieti e giochi di parole, un sentimento intimo di vicinanza alla terra, alle condizioni della natura, un legame caro alle cose e alle persone, uno sguardo consapevole e abbandonato intorno. Un’affettuosa adesione al mondo, alla vita. Con scherzosa ironia... «si gonfia un po’ folle il sogno di queste tante nevi / letti laghi lastre lenzuola aiole».
Aria di neve nell’elegante scatola magica delle visioni di cieli e terra. Passano due figure sul fondo, sagome nere. Luci di diverse dimensioni nel buio della sera... «s’illustra il cammino s’immilla di lanternine un po' brille». Un carro, fiori rossi. Una pecorella. Il fondale bianco della neve si solleva. Un grande volto di bambola ad occupare quasi la scena. Alberelli scorrono sul fondo. Materia e simboli. Stagione che muta. Ritorna concreta e serena la voce di Zanzotto. Un uomo con mantello, presenza notturna, con cestino e lanterna. Le campane! Un’eco di antica religiosità, care abitudini della campagna. Una ricercata affettuosità delle parole e la pura delizia delle immagini in movimento. La luna ruota mentre la casetta pare aspettare.
Gli ultimi versi: «Toni, Neta, qui dondolando tra lustri di arbusti / lanterne cieche, domani forse pile!». Gli spettatori incantati. Sì: una creazione «piccola» ma davvero di rara bellezza...